Il miracolo della mamma adottiva

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Il rapporto che c’è tra una cavalla e il suo puledro è qualcosa di speciale…
Mi direte: certo che lo è, come in tutti i rapporti madre/figlio. Ma chi ha a che fare con le fattrici, sa di cosa parlo. Rapporti esclusivi dettati sicuramente dalla genetica, ma anche dallo straordinario affiatamento che ogni cavalla sviluppa con quel “peluchino” tutto gambe che mette al mondo. Le primipare ci mettono un po’ a capire di cosa si tratti, ma è sicuramente amore a prima vista. Sarà forse perché le cavalle fanno un unico figlio per volta, ma per lui stravedono. Anche quelle che sembrano più distaccate, con la coda dell’occhio lo tengono sempre controllato e appena qualcosa nell’ambiente non gli sembra sicuro, intervengono prontamente per ristabilire l’ordine. Ci sono mamme più possessive e altre più tranquille, ma tutte sono generalmente così premurose da riuscire a trasferire sicurezza ai loro puledri. 

Quella sicurezza che nei primi mesi di vita certamente non hanno (anche se sembrano già spavaldi), e di cui hanno un gran bisogno, per poter crescere sereni ed equilibrati. Tutto questo non va sottovalutato, perché è quello che porta ogni puledro a diventare un cavallo adulto affidabile e psicologicamente solido.
Per questa ragione la perdita di una fattrice con ancora sotto il suo piccolo è un doppio strazio: una cavalla che ci lascia, con tutto il bagaglio di emozioni che spesso si porta dietro e il vuoto

Mamma e puledro poche ore dopo la nascita

 che lascia nella vita del suo puledro a cui noi, malgrado la buona volontà, non possiamo bastare.
Un puledro orfano viene infatti privato del suo principale punto di riferimento, rischiando di sviluppare delle insicurezze con cui dovrà convivere per tutta la vita. Lo shock di ritrovarsi da solo e di dover affrontare tutto senza quella mamma che non lo perdeva d’occhio un secondo, può essere una vera tragedia. 

Molti giorni in solitudine allattato al secchio

Ed è proprio questo che è successo ad un piccolo che ho fatto nascere qualche mese fa: la sua mamma è morta tragicamente di colica e lui si è ritrovato solo. Con la sua famiglia “umana” certo, ma sostanzialmente solo, senza quella guida che fino a quel momento era il suo unico punto di riferimento. 
Non era piccolissimo, aveva già un mese ma, come tutti i  maschi, era mammone e malgrado si sia comportato come un vero ometto, ha dovuto affrontare un lungo e triste periodo di vuoto. Spostato in una clinica attrezzata dove si sono occupati di lui al meglio, abbiamo provato ad affiancargli una fattrice dello stesso allevamento, che però non lo ha accettato. 
Non vi nego la delusione che ho provato, ero positiva e propositiva, ma non è andata bene. 

Eppure si trattava di una cavalla bravissima, che ha già avuto diversi puledri e di indole docile, a cui abbiamo indotto la lattazione come da protocollo.
Ma evidentemente non tutte le cavalle sono adatte ad adottare i figli di altre cavalle, ma in fondo questo lo sapevo anche prima.

Desideravo solo riempire il prima possibile un po’ di quel vuoto che questa vicenda mi aveva lasciato, trovando al volo una mamma che sopperisse alle esigenze di questo puledro sfortunato. Ma non abbiamo mollato e alla seconda prova con una nuova cavalla è nato l’incantesimo.

Una cavalla “angelo” che già aveva adottato un puledro in passato e che ora si è presa carico di questo piccolo, facendolo suo in tutto e per tutto.
Sono andata personalmente in clinica per portarli a casa e non vi nego l’emozione che ho provato. La cavalla si comporta proprio come fosse suo figlio: non lo perde mai di vista e lo chiama appena si allontana. Mi ha fatto piacere andare, così nella mia testa ho dato, finalmente, un lieto fine ad una vicenda davvero triste. 
Essere un veterinario non mi lascia indenne da emozioni che mi segnano parecchio. Una cavalla a cui volevo bene con una colica terribile, che ho caricato sul camion per la clinica sapendo che molto probabilmente non l’avrei più rivista. Si, perché dentro di me lo sapevo, coliche così brutte con

Finalmente una mamma anche per me

quei sintomi sono spesso inoperabili, ma bisognava comunque fare tutto quello che si poteva per darle una chance di sopravvivenza. L’angoscia della sua proprietaria, che conosco da sempre e a cui avrei voluto poter alleviare quel dolore. Il piccolo, ingenuo e un po’ frastornato da una situazione più grande di lui, che abbiamo caricato con la sua mamma nella speranza che potesse farcela, separato da una paratia per il terrore che involontariamente gli facesse male a causa dei dolori. La telefonata con il chirurgo che mi avvertiva che non aveva potuto fare nulla e le scelte successive che, insieme ai suoi proprietari e ai colleghi che lo hanno preso in cura, abbiamo fatto sempre nell’interesse del puledro. Dargli una nuova “mamma”, malgrado venisse su bene anche con il latte artificiale, era di fondamentale importanza per fare in modo che crescesse con la necessaria sicurezza in se stesso, senza stupidi vizi, tipici dei maschi orfani allevati da noi umani. 

Se vedere una vita spegnersi tra atroci sofferenze è stressante, vi assicuro che sapere che da quella vita ne dipende un’altra, che per altro tu hai contribuito a far venire al mondo, lo è ancora di più. 
Non è la prima volta per me, ormai sono tanti anni che faccio questo lavoro e ogni tanto le fattrici muoiono, purtroppo. 
Ogni volta provo una serie di emozioni negative, che mi spingono a fare di tutto perché qualcosa di buono esca, anche da una vicenda del genere.

Gli animali hanno dei valori e delle risorse psicologiche spesso migliori delle nostre e questa cavalla di 20 anni, che si accolla la responsabilità della vita di un piccolo orfano, ne è un ottimo esempio.

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