Infortuni: la gestione oggi è 2.0

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La riabilitazione è un concetto ormai metabolizzato in medicina umana e, purtroppo, ancora troppo poco considerato in quella veterinaria, soprattutto quando si parla di cavalli. L’esasperazione dello sport ad alti livelli, con atleti umani spesso spinti a dare ben oltre quello che il fisico può sopportare, ha portato ad una ricerca sempre più attenta di metodiche innovative per rimetterli nelle condizioni di tornare a gareggiare nel minor tempo possibile. Ad oggi ogni persona, sportiva o non sportiva, che subisca un infortunio, viene gestita modernamente avvalendosi di questi procedimenti, così che il suo recupero sia il più veloce e completo possibile. È proprio da qui che siamo partiti noi veterinari, per trovare il modo migliore per aiutare i nostri animali, dai cani anziani con i dolori articolari ai cavalli sportivi, che nella realtà poco si distanziano dagli atleti umani. Da quando lequitazione
è diventato uno sport alla portata di molti, il ruolo dei cavalli nella nostra società si è in buona parte rivalutato, rendendoli per molti compagni di vita e non solo uno strumento di lavoro.
Questo dovrebbe aver fatto, e dico dovrebbe, cambiare mentalità a molta gente, che può finalmente prendere in considerazione l’opportunità di far curare come si deve un cavallo infortunato, piuttosto che cambiarlo ogni volta, come molti istruttori suggeriscono. Cambiare un cavallo può significare, oltre che separarsi da un “amico”, finire dalla padella nella brace, trovandone un altro che magari ha altri tipi di problemi, sia fisici che caratteriali.
Cambiare un cavallo infortunato per uno"sano" non è sempre la strada giusta

Queste sono scelte che vanno sempre ponderate seriamente e, quando si tratta di ragazzi giovani, può essere anche poco educativa: il cavallo si è rotto? Nessun problema, lo cambiamo e questo lo diamo al commerciante…
Non vi suona malissimo tutto questo?
Ad oggi, molto si può fare prima di prendere decisioni così drastiche e dolorose.
Ausili terapeutici fisioterapici che sembravano essere prerogativa della medicina umana, vengono oggi normalmente utilizzati sui cavalli, anche quelli che non fanno necessariamente sport ad alto livello. Il solo fatto di montarli e chiedergli di eseguire degli esercizi o fare delle passeggiate, ne fa degli “sportivi” veri e propri, e come tali andrebbero sempre gestiti, sia nella quotidianità con un management e un’alimentazione adeguati, anche quando s’infortunano, eventualità purtroppo non rara.

Tendini e legamenti sono le strutture più predisposte agli infortuni
L’infortunio è un incidente di percorso che, prima o poi, ogni cavaliere si trova a dover affrontare. Ogni disciplina equestre ha infatti un suo range di infortuni “caratteristici”, assieme ad una serie di problematiche legate semplicemente alla sfortuna, all’usura (spesso nei cavalli non più giovanissimi), o a quelli che in veterinaria si definiscono “infortuni da stress”. Non perché avvengono se il cavallo è stressato, ma perché il suo fisico, sottoposto a carichi eccessivi che non è in grado di sostenere per varie ragioni, in qualche modo cede.

Ogni infortunio andrebbe sempre gestito al meglio, se si vuole mettere il cavallo nelle condizioni di rimanere in attività e in salute per ancora molto tempo. Fino a non troppi anni fa, l’infortunio per un cavallo significava confinamento in box per settimane se non mesi, dei gran vescicanti e passo a mano per pochi minuti al giorno, spesso davvero troppo pochi. Tutto questo per periodi troppo brevi nei cavalli da corsa, che molti allenatori rivorrebbero in pista dopo un periodo sicuramente insufficiente, e periodi troppo lunghi per i cavalli da sella, quando i proprietari vivono nel terrore spesso ingiustificato che il cavallo si rifaccia male. La maggior parte degli infortuni riguardano i tendini e legamenti. Il vescicante, favorendo un’infiammazione acuta nell’area dove viene passato, comporta un maggior afflusso di sangue e questo fa riempire più velocemente “il buco” dove ci sono le fibre tendinee danneggiate. Il tutto creando al cavallo comunque dolore e disagio.

Questo effetto, apparentemente benefico, nella realtà si rivela spesso controproducente perché, per la futura carriera sportiva di un atleta, andrebbe considerata non solo l’apparente velocità di chiusura della lesione, facilmente verificabile ecograficamente, ma la reale salute delle strutture infortunate che, una volta guarite, devono essere in grado di sostenere l’animale nella sua futura carriera agonistica. Per fare questo il tessuto “nuovo” che si crea per riparare la lesione, che purtroppo non sarà mai uguale 
Ben visualizzabile il riempimento della lesione con un tessuto cicatriziale disorganizzato

all’originale, dovrà avere caratteristiche di elasticità il più vicino possibile a quelle del tessuto originale, altrimenti lo sviluppo di una recidiva sarà sempre dietro l’angolo.
La rigenerazione di un qualsiasi tessuto lesionato, passa attraverso l’attivazione del sistema immunitario che, a livello tendineo e legamentoso, metterà in atto un rapido e fisiologico processo di stabilizzazione della lesione, attraverso la formazione di un tessuto collagene molto diverso da quello originale, il collagene di tipo 3. Il sistema immunitario però, nel tentativo di fare del suo meglio, spesso complica le cose creando un tessuto fibroso molto resistente, ma sicuramente poco elastico e per questo poco adatto a reggere dei carichi di lavoro uguali o superiori a quelli che il cavallo sopportava prima di farsi male.

Tendini guariti male tendono a recidivare

Il nuovo tessuto non si romperà, ma sarà più rigido e i punti di connessione con il tessuto sano saranno più deboli e maggiormente predisposti a lesionarsi di nuovo.
Chi non ha avuto durante la sua carriera equestre un cavallo guarito da una lesione tendinea, che appena rimesso a lavorare si è nuovamente fatto male sopra o sotto alla vecchia lesione?
Sono sicura che siete in tanti, anche perché in tanti mi chiamate per raccontarmi questa storia, prima di mandarmi il cavallo in clinica.

Proprio per questa ragione le terapie su queste strutture devono iniziare prima possibile, così da “fregare” il sistema immunitario e favorire la formazione di un tessuto migliore, prima che la lesione si riempia naturalmente con un tessuto che nella realtà ci piace poco. A volte mi arrivano in clinica cavalli da rimettere in movimento con lesioni tendinee già guarite, dopo uno o 2 mesi di box e un vescicante o, nel migliore dei casi, qualche terapia fisioterapica fatta in scuderia, come diatermia o laser. Altre volte, invece, arrivano cavalli che dopo aver ripreso a lavorare, ed essere stati sottoposti all’iter di cui abbiamo parlato, si sono fatti nuovamente male, probabilmente per i motivi di cui sopra.
Non vi nego che il lavoro è lavoro e anche in casi come questi mi applico sempre al massimo per ottenere i risultati migliori e garantire al cavallo la massima ripresa possibile, ma la verità è che i cavalli che arrivano qua appena infortunati, hanno sempre i risultati migliori. La riabilitazione prevede, infatti, un percorso che comprenda movimento, tecniche fisioterapiche all’avanguardia e una gestione che tenga in considerazione le reali necessità dell’animale in quel particolare periodo della sua vita, alimentazione inclusa.

Si, perché levare del tutto il mangime al cavallo può essere decisamente controproducente in questa fase, perché servono le proteine per mantenere la muscolatura e ricreare del tessuto sano lì dove è stato danneggiato. Anche per questa ragione i cavalli infortunati devono continuare a muoversi; nella maggior parte degli infortuni, non tutti ovviamente, il confinamento forzato in box è un inutile cattiveria che non serve a nessuno. Il cavallo che perde qualsiasi stimolo nei confronti dell’ambiente che lo circonda, perde muscolatura e propriocezione e, con il passare dei giorni, si incattivisce sempre di più diventando un leone difficile da gestire. Ci sono molti modi per far muovere un cavallo senza per questo lasciarlo correre a perdifiato in paddock sconfinati, magari lontani dalla scuderia e dagli altri cavalli.
E allora perché non valutare per un cavallo infortunato altre tecniche gestionali, così che il periodo forzato lontano dalle competizioni possa diventare anche qualcosa di positivo? Un periodo di riposo in cui il cavallo guarisce nella maniera migliore, senza che debba per forza subire ulteriori stress.

I macchinari più moderni oggi sono alla portata anche dei veterinari
Ovviamente ogni tipo di infortunio deve essere gestito diversamente a seconda che riguardi articolazioni, tendini, legamenti o addirittura ossa. I protocolli variano e, per essere efficaci, spesso prevedono che il problema venga affrontato da diversi fronti. I macchinari impiegati per le terapie fisioterapiche sono moderni e la maggior parte delle volte il loro utilizzo ha come scopo quello di promuovere la vascolarizzazione e il metabolismo cellulare, così da orientare le cellule verso la formazione di tessuto sano.
In questa fase un movimento controllato quotidiano in acqua, assieme alla riabilitazione che ogni cavallo è in grado di farsi da solo, camminando in giostra ma soprattutto in un paddock sicuro ed in piano, lo renderanno un tessuto il più elastico possibile.

Il fisico di un cavallo viene spesso sottoposto a traumi, sia legati a veri e propri infortuni che all’usura fisiologica legata all’età e a quel lavoro continuo e ripetuto che si portano dietro come un bagaglio pesante nel corso degli anni.
Attenzioni rivolte alla loro salute e al loro benessere nel corso della vita, come possono essere un ambiente sano in cui vivere, un lavoro e un’alimentazione adeguati e una corretta gestione delle malattie e degli infortuni, sono la base per la longevità della loro carriera sportiva. La riabilitazioneeseguita da professionisti in centri specializzati, fornisce quel qualcosa in più che può tradursi in una guarigione a lungo termine, con cavalli che riprendono a fare sport allo stesso livello di prima, esattamente come avviene per un calciatore o un maratoneta. 

Tenere un cavallo fermo in un box in scuderia ha comunque un costo e il rischio è quello di non ottenere il risultato sperato sul lungo periodo, con grave frustrazione sia per il cavallo, che dovrà subire un ulteriore periodo di stop forzato, sia per il proprietario, che, oltre a non potersi divertire, vedrà il suo cavallo sempre più in difficoltà. I costi di una riabilitazione in clinica sono sicuramente più alti di una semplice pensione in scuderia, ma non tanto più alti soprattutto se si è abituati ad uscire in gara regolarmente e se non si fanno mancare all’animale molte attenzioni extra. Un accorciamento dei tempi di recupero, la consapevolezza di aver ridotto drasticamente il rischio di recidive, dando la possibilità al cavallo di partecipare attivamente al proprio percorso di guarigione senza rimanere chiuso nel box mesi e mesi, dovrebbero essere buoni motivi per decidere per una riabilitazione eseguita da professionisti in strutture adeguate.
Il laser viene oggi ampiamente impiegato per la rigenerazione di tendini e legamenti danneggiati

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