Stai male? Te lo leggo negli occhi (e nel comportamento)…

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Tempo fa sono stata contattata da una ragazza che aveva un grosso problema con il suo cavallo, ma del quale non riusciva a venirne a capo. Un cavallo da concorso che aveva da diverso tempo, che quindi conosceva molto bene e con cui aveva fatto già numerose gare piazzandosi sempre in buone posizioni. Da un po’ di tempo il cavallo si metteva in difesa quando lo montava e, malgrado avesse chiesto aiuto a diversi veterinari, non era stata fatta una diagnosi chiara, che giustificasse un atteggiamento così negativo nei confronti del lavoro. Non facendo io l’ortopedico non avrei potuto farle una diagnosi precisa, ma potevo però darle un parere sull’origine del problema ed eventualmente sull’iter diagnostico che personalmente avrei seguito per arrivare ad una conclusione. Sì, perché senza una diagnosi precisa è impossibile risolvere un problema in modo definitivo.
Quando sono andata da lei e ho visto il cavallo, non ho pensato neppure per un momento che il suo problema fosse di origine comportamentale, era un bravo cavallo che viveva in una scuderia luminosa e molto bella, l’alimentazione era corretta e la proprietaria era premurosa e attenta alle sue esigenze.

Quando gli ha messo la sella e l’ho visto montato era abbastanza normale finché si muoveva in distensione e non gli è stato chiesto di raccogliersi, da quel momento in avanti il cavallo ha cercato come poteva di sottrarsi al lavoro, senza mai essere né aggressivo né pericoloso per chi lo montava. Il suo era un modo composto per dire “no, questo non riesco a farlo” e non “non voglio farlo”. Non si trattava di una particolare zoppia ma di qualcosa che, evidentemente, gli creava disagio e dolore.

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I cavalli vanno saputi interpretare

Generalmente, in questi casi, le prime cause a cui penso sono sempre il mal di schiena, a mio avviso sempre troppo sottodiagnosticato, e i problemi al collo e alla testa, tipo nevralgie, mal di denti o mal di testa veri e propri che, raccogliendo il cavallo durante il lavoro, in genere vengono esacerbati. Così siamo andati per step: avvalendoci prima di un osteopata e successivamente di un ortopedico, finché attraverso un attento esame radiografico siamo arrivati a diagnosticare, in Università, una vecchia frattura al collo mal riparata, che evidentemente gli causava un fastidio incompatibile con il lavoro, soprattutto quando gli si chiedeva di raccogliersi e dunque mettere il collo in posizioni innaturali.

Come si può distinguere un vero problema comportamentale da un disagio fisico da cui il cavallo cerca di sottrarsi come può?

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Questa non era la prima volta che mi capitava un caso simile: in clinica arrivano spesso dei cavalli che, a detta dei proprietari, passeggiati e montati a casa si comportano in maniera a loro dire “alterata”. Quando questi cavalli arrivano da noi dopo un infortunio, spesso vengono riferiti dopo uno o addirittura due mesi di box e passo a mano, condizione che farebbe sbarellare chiunque, figuriamoci un cavallo magari giovane e pieno di energia.

Queste sono situazioni per me davvero di facile soluzione in poco tempo, basta solo farli muovere di più e rendergli la vita più piacevole.
Mi è anche capitato, però, di imbattermi in proprietari preoccupati perché il cavallo aveva modificato in modo evidente il suo carattere e la sua propensione al lavoro, senza avere identificato particolari problemi fisici, attraverso una visita clinica fatta da un veterinario specialista.
Spesso questi comportamenti vengono erroneamente scambiati per cattiva volontà da parte del cavallo di collaborare con il cavaliere o con chi ha il compito di occuparsene, ma molte volte non è così. Cavalli che agitano la testa mentre lavorano, tengono le orecchie indietro, la bocca aperta, narici dilatate e occhi sbarrati, o altri che magari calciano di sovente mentre si muovono non con l’intento di liberarsi del cavaliere o che fanno fatica a mantenere il galoppo rompendo spesso al trotto, andrebbero indagati attentamente perché questi sono segni classici della presenza di dolore, soprattutto a livello di collo e schiena.

Certamente esistono anche cavalli poco collaborativi e maleducati, ma nella realtà, per fortuna, non sono molti e nella maggior parte dei casi quelli che si mettono in difesa lo fanno per ragioni del tutto legittime.
È sempre bene evidenziare razionalmente come stanno le cose e trarre le proprie conclusioni ragionando; bisogna avere ben chiaro che un cavallo bravo, che ha sempre eseguito il suo lavoro in un certo modo, se cambia atteggiamento più o meno d’improvviso e diventa difficile da montare, deve per forza avere un problema, che sia di natura fisica o psicologica.
Loro non parlano, non possono comunicare con noi come sarebbe di sicuro più comodo, anche se credo che con un po’ di spirito di osservazione e pazienza, oltre ad un’attenta analisi dei fatti e una visita veterinaria accurata, si possa fare molto per capire l’origine del problema.

Secondo me le domande da porsi in questi casi sono:

  • Da quando il cavallo ha cambiato atteggiamento nei confronti del lavoro?
  • È successo qualcosa che può aver creato delle particolari paure o dei problemi fisici come cadute o traumi?
  • Ho indagato tutti i possibili problemi, fisici e non, che possono aver causato il cambiamento caratteriale tracciandone una sequenza temporale?
  • Il cambiamento è stato improvviso o graduale
  • Come si comporta il cavallo con i suoi simili, con gli umani e nei confronti dei diversi tipi di lavoro che gli chiediamo (ad esempio in distensione o in raccoglimento).
  • Non ci saranno problematiche legate all’età e al tempo che passa anche per lui, che abbia sottovalutato?

Questo vale ovviamente per cavalli che non presentano particolari zoppie, perché è naturale che un cavallo che ha una zoppia evidente e quindi dolore, che venga costretto a lavorare ugualmente, si metta in difesa cercando di evitare come può di percepire quel dolore.

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Orecchie indietro e narici dilatate

Il caso della zoppia è un caso limite, anche perché spero proprio che non siano in molti a far lavorare un cavallo zoppo, ma ci sono altri casi molto più subdoli in cui il dolore resta limitante per il cavallo senza manifestarsi apertamente con una vera e propria zoppia, soprattutto agli occhi meno esperti.
Le risposte a queste domande, fatte in piena onestà, ci dovrebbero orientare sulle probabili cause e su quale potrebbe essere l’obiettivo finale dell’animale: sottrarsi dal lavoro o sottrarsi dal disagio fisico che gli viene dal lavoro?
Non è sempre facile arrivare ad una conclusione, ma imparare ad osservare i cavalli non solo durante il lavoro ma anche in diverse altre situazioni, da soli o in compagnia di altri cavalli o delle persone, per farsi una base di esperienza sul loro normale comportamento, ci può aiutare a risolvere rebus intricati come questi.

Rifiuto da problema comportamentale o da dolore?

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Fare video con lo smartphone è sempre utile

Usiamo il cellulare tutti i giorni per fare qualsiasi cosa ed è proprio in un caso come questo che non dovremmo farne a meno, proprio perché dai video che riusciamo a fare al cavallo possiamo ottenere un valido aiuto per comprenderne il comportamento. Riprendere il cavallo nei momenti in cui manifesta questi atteggiamenti alterati, sia mentre lavora che a riposo, per poi rivedere il video e magari rivederlo ancora anche in slow motion è, credetemi, spesso illuminante, perché certi comportamenti in diretta sono difficili da interpretare. I video si possono anche condividere con un veterinario, un comportamentalista o anche il precedente proprietario del cavallo, che magari può dirvi se ha mai avuto problemi di quel genere prima, e aiutarvi a capirne la causa per trovare una ipotetica soluzione, e anche questo non sarebbe da poco.

Tenendo comunque presente che un eventuale proprietario precedente, difficilmente ammetterà di avervi venduto un cavallo con un problema pregresso.
Spesso, anche mettere a confronto il comportamento dei cavalli che vivono nello stesso contesto può aiutare, perché purtroppo esistono comportamenti appresi che si trasmettono spesso i vicini di box, generando vere e proprie epidemie di cattive abitudini che hanno poco a che vedere con il dolore o il disagio di natura fisica.
In questi casi è opportuno valutare bene in che modo vengono gestiti i cavalli in scuderia, perché molto probabilmente la gestione sarà da rivedere prima che sia troppo tardi. Problemi comportamentali comuni a più cavalli che vivono nello stesso contesto sono, infatti, quasi sempre attribuibili ad un disagio psico-fisico che viene da una gestione che si preoccupa poco delle reali esigenze dei cavalli, in termini di movimento, alimentazione e quantità di luce in scuderia (scuderie buie e senza finestre).
Non è sempre facile ma sicuramente non impossibile, collocare un problema comportamentale tra quelli di origine fisica o prettamente caratteriale. 

Quando c’è qualcosa che non va con un animale, è sempre bene aver presente che le problematiche possono essere tantissime e che non sempre danno sintomatologie manifeste, come può essere una zoppia o un mal di pancia.
Ovviamente ci sono tanti problemi comportamentali che non derivano da problemi fisici, ma da un passato di violenza e soprusi di cui probabilmente non sapremo mai nulla di più di quello che il cavallo ci dice, proprio con i suoi comportamenti. Per questo, in alcuni casi complessi, farsi aiutare da un esperto può essere una buona idea.
Ma per molti altri cavalli esiste una soluzione spesso semplice, come delle cure mediche, del semplice riposo, che però non si possono attuare fino a che non c’è una diagnosi precisa se la causa è fisica. Oppure non si arriva a capire quali siano le paure del cavallo e il motivo per cui si genera un comportamento dettato da cause più psicologiche.

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